Storia

1866, l’anno che cambiò il destino dei Veneti

Nel 1866, al termine della guerra perduta con l’Austria, il Regno d’Italia riuscì comunque a farsi consegnare, grazie alla sua alleanza con la Francia, le terre venete e friulane.
Il 1866 per i Veneti è stato un anno di profondi e radicali cambiamenti sotto tutti i punti di vista: sociale, politico ed economico.

lissaA Lissa la marina austro-veneta combatté e vinse per mare contro la marina italiana/piemontese. Era il 20 luglio e la Battaglia di Lissa passò alla storia come l’ultima grande vittoria della flotta veneta (la maggior parte dei marinai infatti provenivano dalle terre dell’ex Repubblica Veneta): gli ordini venivano dati in lingua veneta e al grido “….daghe dosso, Nino, che la ciapemo” l’ammiraglio Tegetthoff ordinò a Vincenzo Vianello da Pellestrina sul finire della battaglia lo speronamento della corazzata “Re d’Italia”, che affondò di lì a pochi istanti. Di fronte a quella vittoria gli equipaggi veneti risposero lanciando i berretti in aria e gridando “Viva San Marco!!”. Questo era ancora lo spirito delle genti Venete.
Al termine del conflitto, gli austriaci vollero onorare i caduti nostri con un bel monumento, proprio a Lissa, su cui fecero incidere i nomi dei marinai veneziani e dalmati caduti e questo motto: “Uomini di ferro (i marinai veneti, ndr) su navi di legno, hanno sconfitto uomini di legno su navi di ferro”. Quando l’Italia fascista occupò la Dalmazia, tale monumento fu asportato dalla Marina italiana e è ora conservato all’accademia militare di Livorno.
I veneti si erano già scontrati pochi mesi prima, vincendo, contro l’esercito italiano: era il 24 giugno 1866 infatti quando le truppe piemontesi, guidate dal re Vittorio Emanuele II e da Alfonso Lamarmora, dovettero soccombere a Custoza contro quelle austriache, in cui combattevano moltissimi veneti.
Nonostante queste due sconfitte, le truppe italiane di lì a poco invasero le terre venete, approfittando del fatto che gli austriaci si erano ritirati dai nostri territori dopo che i Prussiani avevano vinto a Sadowa e stavano per minacciare Vienna. Di lì a poco si organizzò in tutta fretta per lo stesso anno un plebiscito per chiedere ai veneti se erano favorevoli ad entrare a far parte dell’Italia (a quel tempo Regno).
Il plebiscito (che Montanelli non esitava a definire “una burletta”) si tenne il 21 e 22 ottobre del 1866. Pochi lo sanno, ma il 19 ottobre, quindi un paio di giorni prima delle votazioni, in una stanza dell’hotel Europa sul Canal Grande il generale Leboeuf (plenipotenziario francese e “garante” dello svolgimento della consultazione) firmò la cessione del Veneto all’Italia. Prima ancora del plebiscito le terre venete erano già state cedute ufficialmente agli italiani, il tutto in sordina e senza clamore; solo “la Gazzetta di Venezia” il giorno successivo ne aveva dato notizia, in pochissime righe: “Questa mattina in una camera dell’albergo d’Europa si è fatta la cessione del Veneto”.


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Un anno pieno di stranezze…


I Veneti combattono convinti e con fierezza fra le truppe austriache a Custoza il 24 giugno 1866, vincendo contro l’esercito piemontese/italiano.
Con altrettanto valore, seppur in numero inferiore e con mezzi militari più scadenti, lottano e vincono anche contro la flotta italiana a Lissa il 20 luglio 1866. Tutti in coro esultano alla vittoria al grido “Viva San Marco!”, storico motto dei tempi della Repubblica Serenissima. Eppure, dopo appena tre mesi, vengono chiamati in tutta fretta ad esprimersi attraverso un plebiscito in merito all’unione delle terre venete con l’Italia: in tutto il Veneto solamente 69 voteranno NO…

Forse varrebbe la pena soffermarsi maggiormente su questo capitolo del nostro recente passato, dalle poche luci e molte ombre, per capire davvero cosa accadde in quell’ottobre del 1866.
Una data che cambiò il nostro destino.


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