Lingua veneta e lingua catalana: confronto con un altro modello

Qualche giorno fa commentando con un amico catalano la pretesa dei consiglieri di un Comune veneto di poter esprimersi anche in lingua veneta, sbottó: “Beh! …. Qual é il problema!?”, bloccando sul nascere le mie obiezioni sulla traduzione, sulle varietá dialettali, sulla trascrizione ecc.

Qualche giorno fa commentando con un amico catalano la pretesa dei consiglieri di un Comune veneto di poter esprimersi anche in lingua veneta, sbottó: “Beh! …. Qual é il problema!?”, bloccando sul nascere le mie obiezioni sulla traduzione, sulle varietá dialettali, sulla trascrizione ecc.

Effettivamente in Catalogna il problema della lingua é stato affrontato e risolto da parecchio tempo: in tutte le sedi istituzionali: dal parlamento regionale, ai consigli comunali, dalla scuola obbligatoria alle universitá é usata la lingua catalana; accettata/ tollerata anche la lingua castigliana (lo spagnolo). In modo analogo é stato risolto il problema linguistico anche nelle altre regioni della Spagna con lingua propria:: il basco nel Paese basco, il gallego in Galizia, il valenziano a Valenza ecc.

Tutto bene. Se non fosse che solo 35 anni fa in Catalogna e in Spagna la situazione linguistica era molto diversa da qiuella attuale e certamente non migliore di quella che esiste oggi nel Veneto. Durante i 40 anni di dittatura franchista infatti e cioé fino alla morte del dittatore (1975) la lingua catalana era stata proibita in tutti gli ambiti pubblici e ufficiali. In Spagna solo si poteva usare il Castigliano (lo spagnolo); altre lingue o dialetti erano tollerate solo nell’ambito familiare e privato.
Cosí accedde che con l’instaurazione dell’Autonomia nel 1980 la Catalogtna aveva piú della metá della popolazione che non parlava e non capiva il catalano (anche a causa della massiccia immigrazione dalle altre regioni spagnole) e pochissimi catalani erano in grado di scriverlo.

Con la democrazia peró le nuove istituzioni autonomiche catalane (Generalitat e Ayutaments ecc) scommisero fin dall’inizio in maniera determinata e senza mezze termini sulla rinascita della lingua catalana, considerata l’elemento caratterizzante della Catalogna moderna.
Due furono gli strumenti che Jordi Pujol (president de la Generalitat de Catalunya dal 1980 al 2003) subito individuó: la scuola e la televisione.
La scuola: la Generalitat ottenne fin dal principio di poter gestire direttamente la scuola catalana. Con la cosidetta “immersione linguistica”, (copiata da un’altra grande autonomia: Il Quebec), impose la lingua catalana in tutti gli ordini di scuola (dalla materna all’universitá): tutte le materie cioé dovevano essere impartitte in catalano. Si esigeva per conseguenza dagli insegnanti una conoscenza scritta e orale della lingua di livello elevato. Parecchi insegnanti castiglianoparlanti chiesero trasferimento in altre regioni della Spagna, altri aderirono con recettivitá e profitto ai corsi di Catalano organizzati per loro dalla Generalitat..
La televisione. Appena ne ebbe i mezzi e la possibilitá dopo la scuola Jordi Pujolel si dedicó a creare (1983) una rete televisiva catalana in catalano (TV3), seguita qualche anno dopo da una seconda rete (TV33), da contrapporre alle due reti statali allora esistenti in spagnolo TVE1 e TVE2.
Si puó dire che nello stesso periodo in cui Berlusconi creava in Italia le sue tre televisioni commerciali contrapposte alle tre nazioni, in Spagna le televisioni autonomiche, (l’esempio catalano infatti fu subito imitato dal Paese basco, da Valenzia, dalla Galizia ecc.,) si contrapposero alle televisioni nazionali..
La cadena catalana TV3 fu particolarmente efficacie per la “normalizació linguistica” in quanto diede a tutta Catalogna un uso standard del catalano, allora parlato secondo diverse varianti provinciali Sopra tutto diede alla lingua catalana pari dignitá rispetto al castigliano Jordi Pujol qualche anno piú tardi dirá: era importante che i catalani sentissero parlare J.R. (della famosa serie Dallas) in catalano per poterlo usare senza complessi in tutti gli ambiti sociali..

Questa impostazione voluta e portata avanti da Jordi Pujol e dal suo partito CiU per piú di 20 anni, trovó formulazione giuridica nel nuovo statuto catalano del 2006 (v. post del 13/V/10).Di questo citeró solo alcuni estratti dell’art. 6 intitolato: “La lingua propria e le lingue ufficiali”
1. “La lingua propria di Catalogna é il catalano. Come tale il catalano é la lingua d’uso normale e preferente delle amminsitrazioni pubbliche e dei mezzi di comunicazione pubblici di Catalogna ed é anche la lingua normalmente usata come curriculare e di base nell’insegnamento “
2. “Il catalano é la lingua ufficiale di Catalogna. Anche lo é il castellano, che é la lingua ufficiale dello stato spagnolo.
Tutte le persone hanno il diritto d’utilizzare le due lingue ufficiali e i cittadini di Catalogna hanno il diritto e il dovere di conoscerle. I poteri pubblici di Catalogna devono stabilire le misure necessarie per facilitare l’esercizio di questi diritti e il complimento di questo dovere………

Naturalmente il Veneto non é la Catalogna né la lingua veneta é la lingua catalana. I parallelismi tra realta simili servono per conoscere soluzioni efficaci ad analoghi problemi, soluzioni peró che sempre richiedono di essere adattate alle reali situazioni particolari.
Per ritornare ai consiglieri comunali che pretendono di usare la lingua veneta nelle sedute del Consiglio comunale non credo che la loro iniziativa sia ispirata da un progetto linguistico alla catalana. Sanno bene che il veneto non é la Catalogna. Peró non c’e dubbio che la loro presa di posizione é un atto di autoaffermazione come a dire: siamo veneti e per cominciare non ci vergognamo di parlare la lingua che nostra madre ci ha trasmesso con il lattematerno e la maggior parte del popolo veneto tuttora usa. La rinascita di un popolo comincia proprio dal credere di essere un popolo

A nostro giudizio forrse la lingua non é il “fatto differenziale” per il Veneto perlomeno come lo é per la Catalogna Forse sono da individuare altre le caratteristiche quali caratterizzanti l’essere veneto..
In ogni caso pretendere di parlare in lingua veneta nelle sedute del Consiglio comunale mi sembra uno scatto di autostima

Che succederebbe, per es. se si stabilisse il principio, ovvio in Catalogna, che nel Veneto i Veneti hanno diritto di essere attesi negli uffici pubblici anche nella propria lingua materna? O che le persone che vivono nel Veneto hanno il dovere di apprendere la lingua veneta?

Le disposizioni della Generalitat sulla scuola pur tuttavia ancor oggi sono oggetto di controversia in Catalagna: basti pensare che in Barcellona, é possibile iscrivere i propri figli in una scuola dove l’insegnamento delle materie (curriculorare) é in tedesco, il francese, l’inglese, in giapponese, anche l’ intaliano ecc., peró non esiste una scuola il cui insegnamento curriculare sia in castigliano.

Naturalmente Il Veneto non é Catalogna e nemmeno Galizia o Galles.

Dalla Catalogna: Giancarlo Zorzanello

Fonte: www.laltracampana.com


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