L’identità e la cultura del popolo veneto

Egregio direttore, mi permetta di comunicare l’amarezza provata dalle parole che uno studioso padovano ha scritto in questi giorni al “Gazzettino”, a riguardo de “L’improbabile unitarietà dei veneti”.

Egregio direttore,

mi permetta di comunicare l’amarezza provata dalle parole che uno studioso padovano ha scritto in questi giorni al “Gazzettino”, a riguardo de “L’improbabile unitarietà dei veneti”. Mi permetta però, da laureato in storia veneta, di sottolineare il fatto che ciò che scrive è sì in buona parte vero (anche il sottoscritto, pur non avendo un’età anagrafica avanzata, ha avuto modo di fare una serie di ricerche sull’isolamento e la vita dura dei contadini veneti), ma tutto ciò è appunto una “parte” della storia veneta che si è voluta sottolineare, tralasciando altri e fondamentali elementi, talvolta opposti a questi.

Ricordo a chi non ha letto l’intervento in questione che vi sono affermazioni del tipo di: “lingua veneta dichiarata, questa non esiste”, “fantomatico popolo veneto… semianalfabeta o analfabeta del tutto… i più non sapevano nemmeno di essere veneti…. l’unità (del popolo) che si riferisce in gran parte alla potenza della Serenissima, non c’è mai stata”. Si potrebbero sul piano storico ribattere facendo tutta una serie di rilievi e ricordando una serie di manifestazioni popolari (e non d’èlite come dice il nostro autore) a sostegno dello stato di San Marco minacciato dagli eserciti stranieri, come dopo la sconfitta della Serenissima nel 1509 ad Agnadello o come nel 1809 tutte le insorgenze che avvennero nei nostri paesi contro i napoleonici invasori; quest’anno ricorre il cinquecentenario ed il bicentenario di entrambe, e non sarebbe male ricordare anche queste cose ai veneti di oggi.

Sul piano linguistico basta leggere tutti gli studi del compianto prof. Cortellazzo, recentemente scomparso, il quale se certo sottolineava le differenze presenti nelle varianti locali venete ripeteva spesso che oltre il 90% delle parole venete sono uguali o quasi uguali in tutta la regione, e allora come si può dire che questa non è una lingua? Gli esempi sul piano storico e culturale potrebbero essere molteplici, per non tediare i nostri lettori vorrei invece spostare la questione sul piano del cuore, pieno di tristezza nel vedere come molti cittadini veneti, anche tra i più colti, non sentono o non vogliono riconoscere la loro identità, la loro storia e la loro lingua; presentando la nostra storia unicamente come quella di chi “viveva nella miseria” si fa di certo il gioco di chi, magari avendo una conoscenza sommaria dell’identità del proprio “popolo” (mi permetta direttore una battuta: se non è mai esistito un “popolo veneto”, può mai esistere “un popolo italiano”?) la sfruttano per fini d’interesse di bottega; se era questa la preoccupazione che sta a monte dello scritto del nostro autore, allora essa è sicuramente condivisibile.

prof. Daniele Marcuglia
Zero Branco (Treviso)


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