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EVETOY – HENETI

Le fonti scritte sugli antichi Veneti sono molte e ben note, distribuite in un ampio arco di secoli e riferibili ai più famosi scrittori Greci e Latini: da Omero a Virgilio, da Tito Livio a Plinio il Vecchio.
I Veneti erano originari del medio oriente, da una regione posta vicino al Mar Nero.
Omero li chiamò “Evetoy” e così i tutti Greci; i Latini li dissero “Heneti” ben sapendo, come ci tiene a precisare Plinio (N.H. 37, 43), che questo termine era la traduzione di quello Greco.
Il significato Greco della parola EVETOY è: degni di lode, o lodevoli.

Luigi “Gigio” Zanon

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Veneto, terra di eccellenze

Più di 8 milioni e mezzo di ettolitri di vino, un vigneto di quasi 80 mila ettari, dei quali oltre 2 milioni prodotti nelle DOC e DOCG: il Veneto è una Regione vitivinicola ai primi posti in Europa per qualità e quantità di produzione.
Non solo terra da vino, il nostro territorio rappresenta un vero e proprio paradiso anche per l’agricoltura. L’enorme varietà di panorami offerti dalla natura rende il Veneto ospite dei microclimi più disparati, dal bosco prealpino alla pianura fertile, fino a scendere verso il mare.

Nel 2016 il Veneto si è confermato la prima regione per turismo in Italia, con ben 17 milioni di turisti accolti.

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Fratelli di un Veneto fuori dal Veneto

Non solo nel Brasile, ma anche in Argentina, e altrove soprattutto i Veneti, i lombardi e i friulani, i cosiddetti polentoni (si ricordi che “polenta”, nel rioplatense popolare, è passata a significare forza, coraggio) assieme ai solidi piemontesi ed agli industriosi e parsimoniosi genovesi, hanno fornito, con le luci e le ombre naturali in tutte le cose umane, un contributo di progresso al paese che li ha accolti. Essi hanno conservato nel cuore fin dall’ultimo quarto del secolo scorso il sogno ed il mito della madre patria, della madre-matrigna che li ha abbandonati per più di cent’anni. Loro hanno invece continuato a rimembrarla ed a sognarla nei filò interminabili delle stalle contadine, nell’accorata e discreta intimità familiare, nelle commosse riunioni comunitarie, nelle umili preghiere quotidiane.

Giovanni Meo Zilio

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Un anno pieno di stranezze…

I Veneti combattono convinti e con fierezza fra le truppe austriache a Custoza il 24 giugno 1866, vincendo contro l’esercito piemontese/italiano.
Con altrettanto valore, seppur in numero inferiore e con mezzi militari più scadenti, lottano e vincono anche contro la flotta italiana a Lissa il 20 luglio 1866. Tutti in coro esultano alla vittoria al grido “Viva San Marco!”, storico motto dei tempi della Repubblica Serenissima. Eppure, dopo appena tre mesi, vengono chiamati in tutta fretta ad esprimersi attraverso un plebiscito in merito all’unione delle terre venete con l’Italia: in tutto il Veneto solamente 69 voteranno NO…

Forse varrebbe la pena soffermarsi maggiormente su questo capitolo del nostro recente passato, dalle poche luci e molte ombre, per capire davvero cosa accadde in quell’ottobre del 1866.
Una data che cambiò il nostro destino.

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Il Congresso di Vienna e i Veneti

Con il Congresso di Vienna nel 1815 la Veneta Repubblica fu l’unico Stato di grandi dimensioni – travolto da vent’anni di guerre – a non essere restaurato perché l’Austria se ne appropriò. La perdita dell’indipendenza segnò per i Veneti l’inizio di una discesa terribile, fatta di stenti, fame e miseria, condizione che si trascinò fino agli anni ’50, costringendo metà della popolazione ad emigrare in tutto il mondo.

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Istria e Dalmazia

La dedizione spontanea alla “Serenissima” della maggior parte dell’Istria occidentale e meridionale iniziò nel XII secolo e poteva dirsi praticamente conclusa attorno alla metà del Trecento. L’entroterra istriano centro-settentrionale fu feudo del Patriarca di Aquileia e del Conte di Gorizia (il quale era contemporaneamente vassallo del Patriarca di Aquileia e del sovrano del Sacro Romano Impero) fino al 1445.

Successivamente anche i territori del Patriarca di Aquileia (parte settentrionale dell’Istria interna) entrarono a far parte dello Stato Veneto.

La massima estensione della sovranità veneziana sulla penisola istriana fu raggiunta in seguito all’esito del lodo arbitrale di Trento del 1535, quando Venezia ottenne anche una parte del territorio della villa di Zamasco nei pressi di Montona. Da quel momento, Venezia conservò la sovranità su buona parte dell’Istria fino alla dissoluzione del suo Stato per opera di Napoleone nel 1797.

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Scrisse Petrarca su Venezia, capitale della Repubblica Veneta

in una lettera del 1321 ad un amico Bolognese:
“quale Città unico albergo ai giorni nostri di libertà, di giustizia, di pace, unico rifugio dei buoni e solo porto a cui, sbattute per ogni dove dalla tirannia e dalla guerra, possono riparare a salvezza le navi degli uomini che cercano di condurre tranquilla la vita: Città ricca d’oro ma più di nominanza, potente di forze ma più di virtù, sopra saldi marmi fondata ma sopra più solide basi di civile concordia ferma ed immobile e, meglio che dal mare ond’è cinta, dalla prudente sapienza dè figli suoi munita e fatta sicura”.

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La “romanizzazione”

I Veneti ottennero la cittadinanza Romana nel 49 a.C., ma mantennero intatta la loro autonomia.
Tutto il Veneto fino alle Alpi, il Friuli (Forum Julii), l’Istria e parte della Lombardia costituirono la Decima Regio – Venetiae et Istriae – dell’ordinamento amministrativo Augusteo.
Con l’avvento del Cristianesimo, anche i popoli Veneti abbracciarono la religione di Cristo.
Fiorente di ricche città (Treviso, Concordia, Padova, Verona, Belluno, Oderzo, Vicenza, Rovigo, ecc.), il territorio soffrì moltissimo delle invasioni Barbariche: molte delle sue popolazioni si trasferirono lungo la zona della fascia costiera, dove, unitamente agli abitanti che già stanziavano nelle Lagune, fecero sorgere la attuale Venezia.

Luigi “Gigio” Zanon