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Breve presentazione e storia della Lingua Veneta

Il veneto (nome nativo vèneto) è una lingua romanza usata da alcuni milioni di parlanti in sei stati diversi. Circa la metà dei parlanti si trova nella penisola italiana, nella “Terraferma” della ex-Repubblica di Venezia e principalmente nella regione del Veneto, ma anche in Trentino e Friuli-Venezia Giulia. La metà rimanente si trova all’estero, principalmente in Istria, con comunità minori in Dalmazia, Romania, Brasile, Messico e in varie altre località oggetto di emigrazione.

È tutelata come lingua dalla Regione Veneto (che pure ne riconosce il carattere composito) ma non dallo Stato italiano, che non la annovera tra le minoranze linguistiche, pur essendo compresa fra le lingue minoritarie dall’UNESCO.

La lingua veneta potrebbe essere ritenuta una lingua regionale o minoritaria ai sensi della Carta europea per le lingue regionali e minoritarie, che all’art. 1 afferma che per “lingue regionali o minoritarie si intendono le lingue … che non sono dialetti della lingua ufficiale dello Stato”. Bisogna ricordare che in Europa varianti della lingua veneta sono attualmente parlate, oltre che in Italia, anche in Slovenia, Croazia, Montenegro e Romania.

Il veneto deriva dalla fusione tra latino volgare ed il venetico parlato nella regione, il quale era del resto affine al latino stesso.

Testi in volgare che presentano chiare affinità con il veneto sono rintracciabili già a partire dal XIII secolo, quando in Italia non esisteva ancora un’egemonia linguistica del toscano.

Il veneto, in particolare nella sua variante veneziana, ha goduto di ampia diffusione internazionale grazie ai commerci della Repubblica Veneta, soprattutto nel Rinascimento, diventando per un certo periodo una delle lingue franche di buona parte del Mar Mediterraneo, soprattutto in ambito commerciale. Tuttora molte parole del gergo marinaro sono di origini venete.

Il veneto tuttavia non si impose come lingua letteraria in quanto, già nel XIII secolo, doveva confrontarsi con esponenti letterari di grosso rilievo sia di origine toscana che di origine provenzale. A riprova di ciò è il fatto che Marco Polo dettò a Rustichello da Pisa il Milione scegliendo la lingua d’oïl, allora diffusa nelle corti quanto il latino. Le opere in veneto più significative furono scritte da autori quali il Ruzante (Angelo Beolco) nel XVI secolo, Giacomo Casanova e Carlo Goldoni; in quest’ultimo caso l’uso del veneto era limitato a buona parte delle commedie teatrali, soprattutto per rappresentare il popolo e la borghesia.

Di particolare rilievo per l’utilizzo in ambito scientifico è la stampa nel 1478 de L’Arte dell’abbaco, opera meglio nota in ambito accademico come Treviso Arithmetic, scritta da un anonimo insegnante in lingua veneta, primo testo stampato conosciuto del mondo occidentale di insegnamento dell’aritmetica e della matematica ed uno dei primi testi stampati scientifici di tutta Europa. Esso era rivolto particolarmente all’educazione della classe media e in particolare al mondo mercantile.

La diffusione di questo idioma al di fuori dell’area storica dei veneti si ebbe con il progressivo sviluppo della Repubblica Veneta, che lo utilizzava come lingua ordinaria assieme al latino e all’italiano.

Con il dissolversi della Repubblica, il vèneto progressivamente venne sostituito da altre lingue per gli atti ufficiali e amministrativi. Il suo uso tuttavia perse progressivamente, almeno in parte, i registri letterari e aulici restando sempre come lingua storica e naturale del popolo, riuscendo comunque a raggiungere vette liriche mirabili con poeti come Biagio Marin di Grado. Bisogna anche ricordare il poeta triestino Virgilio Giotti, che poetava in triestino e ordinariamente scriveva in italiano. Inoltre bisogna ricordare Nereo Zeper che ha tradotto l’Inferno di Dante Alighieri in dialetto triestino (variante del veneziano). Si ricorda, tra l’altro, l’Iliade di Omero tradotta in veneto da Francesco Boaretti e in veneziano da Giacomo Casanova; nonché l’opera in veneto padovano intitolata Dialogo de Cecco da Ronchitti da Bruzene in perpuosito de la stella Nova che tratta delle nuove teorie galileiane sul sistema solare, che taluni attribuirebbero a Galileo Galilei con lo pseudonimo di Cecco da Ronchitti. Altri letterati del Novecento che hanno utilizzato il veneto nelle loro opere sono i poeti Giacomo Noventa e Andrea Zanzotto come anche Attilio Carminati ed Eugenio Tomiolo. Si segnalano negli ultimi decenni – per la qualità della loro ricerca anche Sandro Zanotto, Luigi Bressan, GianMario Villalta, Ivan Crico. Notevoli inserti in veneto sono presenti anche nelle opere dello scrittore Luigi Meneghello.

Il progetto concepito da Giuseppe Lombardo Radice di sviluppare ed impiegare testi scolastici in lingua nell’ambito Veneto (come in altri contesti regionali), non ebbe completa attuazione poiché coincise con il periodo fascista, il cui regime era notoriamente impegnato, nella sua opera di forte centralizzazione dello Stato, a promuovere l’apprendimento della lingua italiana in un disegno complessivamente repressivo delle culture locali.

In anni recenti numerosi cantanti e gruppi musicali hanno adottato la lingua veneta per la loro produzione artistica: negli anni sessanta hanno raggiunto una buon successo Gualtiero Bertelli e il suo gruppo Canzoniere Popolare Veneto. Negli anni novanta si sono distinti i Pitura Freska, guidati da Sir Oliver Skardy, che hanno partecipato anche al Festival di Sanremo con la canzone Papa nero, scritta in dialetto veneziano. Più di recente hanno ottenuto una certa notorietà artisti come il rapper Herman Medrano, i Catarrhal Noise e i Rumatera.

Con la Legge Regionale n. 8 del 13 aprile 2007 “Tutela, valorizzazione e promozione del patrimonio linguistico e culturale veneto”, che si richiama ai principi della Carta Europea delle lingue regionali o minoritarie, pur non riconoscendo alcuna ufficialità giuridica all’impiego del veneto, la lingua veneta diviene oggetto di tutela e valorizzazione, quale componente essenziale dell’identità culturale, sociale, storica e civile del Veneto.

(LA) « [Venetus est] pulcherrimus et doctissimus omnium sermo, in quo redolet tota linguae Grecae maiestas! »
(IT)« [Il veneto è] la lingua più bella e più dotta di tutte, nella quale esala tutta la grandezza della lingua greca! »
Pontico Virunio, umanista ed erudito bellunese (ca. 1460-1520)

Fonte: wapedia.mobi

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Firmata la convenzione per una cattedra di dialettologia a Ca’ Foscari

L’assessore regionale all’identità veneta, Daniele Stival e il Rettore dell’Università di Ca’Foscari, Carlo Carraro, hanno sottoscritto stamane a Venezia, nella sede della Giunta regionale di Palazzo Balbi, una convenzione per l’istituzione presso l’ateneo veneziano di una cattedra di dialettologia.

Assessore Stival: valorizzare la lingua veneta è un fatto culturale, ma anche la difesa di una ricchezza

L’assessore regionale all’identità veneta, Daniele Stival e il Rettore dell’Università di Ca’Foscari, Carlo Carraro, hanno sottoscritto stamane a Venezia, nella sede della Giunta regionale di Palazzo Balbi, una convenzione per l’istituzione presso l’ateneo veneziano di una cattedra di dialettologia.

“Il nostro proposito – ha spiegato Stival – è quello di tutelare, valorizzare e promuovere il patrimonio linguistico e culturale del Veneto. Con questo accordo raggiungiamo un nuovo e importante traguardo in quel percorso iniziato nel 2000 con la creazione dell’assessorato all’identità veneta e proseguito successivamente con l’approvazione di vari provvedimenti e norme che promuovono la conoscenza e lo studio della storia, delle tradizioni, e, per l’appunto, dell’identità del nostro popolo”.
Attraverso questo accordo, la Regione si impegna a sostenere economicamente con 80 mila euro la fase di avvio e sperimentazione del progetto per l’anno accademico 2010-2011. Se, come da tutti auspicato, l’iniziativa darà risposte incoraggianti, il prosieguo dell’insegnamento di questa materia sarà confermato con una successiva convenzione.

Il Rettore Carraro, definendo la convenzione “un atto lungimirante”, ha sottolineato che questa opportunità offerta dalla Regione consente all’Università di cogliere più di un obiettivo: “uscire dal palazzo” e lavorare nel e con il territorio, puntare alla valorizzazione culturale come elemento fondante dal punto di vista formativo, approfondire la conoscenza di una lingua che di fatto ci appartiene.

La cattedra è stata affidata al prof. Lorenzo Tomasin, già in ruolo a Ca’Foscari, che sarà impegnato oltre che nell’attività didattica anche in quella di ricerca dialettologica. Lo stesso Tomasin ha annunciato che proprio in questi giorni è in stampa, grazie al sostegno della Regione Veneto, il libro “Storia linguistica di Venezia” e che altre pubblicazioni stanno per essere completate, arricchendo così il patrimonio di documentazione in questo ambito di studio.

“Posso anticipare – ha detto Tomasin, presente alla sottoscrizione dell’accordo – che già sono pervenute numerose richieste di informazione e di adesione da parte di studenti intenzionati a seguire questo corso di laurea”.
“Ci auguriamo che i risultati della sperimentazione siano positivi e che la cattedra di dialettologia diventi permanente – ha concluso l’assessore Stival – perché, come ha detto lo stesso presidente Zaia, attraverso questo originale laboratorio, possiamo contribuire, nell’interesse dei nostri cittadini, a superare la discriminazione del veneto come lingua madre e a valorizzarla e difenderla come una vera ricchezza”.

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Verso una grafia unica per il Veneto

Nomi tradotti in dialetto per i 581 Comuni E nascerà un dizionario
Grafia unica sui cartelli. Sei studiosi sono già al lavoro

VENEZIA — «Benvenuti a Chioggia-Ciosa». Potrebbe essere un cartello di questo tipo ad accogliere i visitatori nelle città lagunare ed altri, sul genere, potrebbero puntellare presto gli altri Comuni del Veneto. L’idea nasce dalla giunta regionale, che ha istituito nei primi mesi del 2010 la Commissione della grafia veneta, un gruppo di sei studiosi che nei prossimi due anni si dedicherà allo studio dei dialetti regionali, con lo scopo di trovare una grafia standard. «Vorremmo tradurre i nomi di tutti i 581 Comuni della regione – spiega Daniele Stival, assessore regionale all’identità veneta – così chi lo vorrà potrà inserire il nome veneto sotto quello in italiano nei cartelli stradali, in quelli delle piazze e degli spazi cittadini». Ma, ben lungi da pericolose iniziative «fai da te», il procedimento per il doppio segnale dovrà essere unico: «Basterà fare richiesta alla Regione o alla commissione – continua Stival – i Comuni interessati riceveranno così un’indicazione precisa».

Cartelli bilingue, dunque ma anche una precisa ricerca culturale e identitaria portata avanti dalla neo-nominata commissione che avrà anche il compito nei prossimi due anni di dare alla luce il dizionario ufficiale della grafia veneta. «Il dizionario non presenterà il dialetto regionale come un’unica lingua, sarebbe sbagliato oltre che praticamente impossibile – spiega Stival – nelle pagine si troverà piuttosto una sintesi del parlato veneto più diffuso che proporrà, per ogni singola parola, la forma dialettale più usata a livello regionale ma riporterà di seguito anche le diverse cadenze locali ». L’obiettivo, insomma, è quello di definire una lingua scritta comune per tutta la Regione, dando conto però anche delle variazioni linguistiche locali. La commissione che lavorerà al progetto e che deve i suoi natali alla legge 8 del 2007 sull’identità veneta, è stata nominata dalla giunta regionale nei primi mesi del 2010 ma il via ufficiale ai lavori è arrivato solo ilmese scorso.

«I sei studiosi che fanno parte della commissione provengono da mondi diversi tra loro – spiega Stival – alcuni sono docenti universitari di Ca’ Foscari come Rodolfo Delmonte, Lodovico Pizzati e Michele Brunelli, poi ci sono il sociologo Sabino Acquaviva, lo scrittore Gianfranco Cavalin e Davide Guiotto, membro dell’associazione Raixe venete, in rappresentanza delle associazioni venetiste. Lavoreranno insieme per due anni e avranno un grande compito, quello di dare vita ad un codice per mettere per iscritto il vero dialetto veneto». Per iscritto si, ma non soltanto tra le pagine del dizionario. Nei due anni di lavoro che aspettano la commissione, infatti, i sei esperti daranno vita anche ad un dizionario on line inglese-veneto, che non verrà stampato ma sarà disponibile sul web e consultabile quindi da tutti gli interessati. I finanziamenti? Presto per fare i conti: «Si sa che questo tipo di studi sono molto lunghi e complicati – spiega Stival, – inserire a bilancio già quest’anno le stampe del dizionario sarebbe stata una sciocchezza».

Alice D’Este

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Lingua, grafia e toponomastica veneta

Regione Veneto – Si è riunita oggi per la prima volta a Venezia, nella sede della Giunta veneta a Palazzo Balbi, la Commissione di esperti prevista dalla Legge regionale in materia di tutela e valorizzazione del patrimonio linguistico veneto. Compongono la Commissione, presieduta dall’assessore regionale all’identità veneta, Daniele Stival, il sociologo Sabino Acquaviva, i docenti dell’Università di Ca’Foscari Rodolfo Del Monte e Ludovico Pizzati, il linguista Michele Brunelli, lo studioso di lingua veneta Gianfranco Cavallin e il presidente dell’associazione Veneto Nostro Davide Guiotto. Alla seduta d’esordio ha presenziato anche l’assessore al bilancio, Roberto Ciambetti.

Compito della Commissione è quello di fornire un supporto alla Giunta regionale nella realizzazione di iniziative che favoriscano la conoscenza e la diffusione della lingua veneta, garantendo in particolare una corretta definizione della grafia, della toponomastica e di ogni altro aspetto linguistico.
“Il nostro obiettivo – ha sottolineato l’assessore Stival aprendo i lavori – è quello di valorizzare la lingua come vera ricchezza del popolo veneto, come componente irrinunciabile della nostra identità culturale, sociale, storica e civile. Lo stesso presidente Zaia ha più volte evidenziato che la tutela di questo patrimonio rappresenta una questione centrale per lo sviluppo dell’autonomia regionale”.
“Oggi inauguriamo una nuova stagione operativa – ha ribadito l’assessore Ciambetti – attuando compiutamente quanto previsto dalla legge regionale alla quale abbiamo a suo tempo lavorato con impegno e convinzione. Affidiamo un incarico importante ai componenti di questa Commissione, esperti di riconosciuta competenza professionale e culturale nel campo linguistico, sia in ambito accademico, sia in quello della ricerca”.
Gli assessori hanno evidenziato l’importanza che la Commissione si confronti nelle sue attività con le diverse realtà associative e culturali regionali, al fine di condividere il più largamente possibile le iniziative e i progetti finalizzati alla diffusione della lingua veneta, coinvolgendo in questo anche le comunità dei Veneti nel Mondo.

Fonte: VicenzaPiù

07/05/2010

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Dialetti e lingue regionali, non si faccia confusione

Di Sabino Acquaviva – sociologo

Ho letto con sostanziale disappunto l’articolo di Luciano Canfora sul Corriere della sera del 24 maggio dal titolo “Più dei dialetti a scuola insegniamo le lingue nazionali”, in cui si sostengono le vecchie tesi che hanno distrutto le culture regionali scatenando guerre e massacri di cui paghiamo ancora il prezzo di sofferenze e di sangue.
Gli stati nazionali, riconosciamolo, sono stati una sventura plurisecolare per il nostro continente. In una parola Canfora illustra, nel suo articolo, una tesi che a mio parere fa a pugni con la storia.
Come è noto, fin verso il Cinquecento in Europa dominava il latino (come oggi, giustamente, tende a prevalere l’inglese) accanto ad un consistente numero di lingue regionali. In seguito, in ogni area geografica singole lingue regionali hanno prevalso sulle altre, dichiarandosi lingue nazionali e scatenando le lotte e le guerre che sappiamo.
Tutto questo è dimostrato dal cimitero linguistico in cui siamo immersi. Ad esempio il francese del nord ha schiacciato il provenzale, il castigliano ha tentato di annientare il catalano, il toscano (diventato italiano) ha fatto strage di lingue con una tradizione secolare, come il veneto. Eccetera. Ma oggi finalmente tentiamo di costruire gli Stati Uniti d’Europa e la loro nascita è resa più facile dall’indebolirsi degli stati nazionali (e della loro identità, anche linguistica).
In conclusione, l’idea di difendere le lingue regionali (che Canfora confonde con i dialetti), non è né fondamentalista né demagogica come sembra sostenere. Anzi, guarda al futuro di un continente che soltanto unito potrà difendersi da paesi in rapida crescita economica, e con più di un miliardo di abitanti ciascuno, come l’India e la Cina.
Due altre considerazioni critiche di Canfora e di molti altri studiosi vanno prese in considerazione e confutate. La prima: i dialetti (cioè le lingue regionali) cambiano anche all’interno di singole regioni, e quindi sono troppe le varianti linguistiche e la confusione. E allora? Il greco antico non è forse il risultato di tre dialetti? L’evoluzione della società greca, le guerre, lo sviluppo culturale, non hanno dato forse vita alla famosa koinè, cioè a un greco unificato? Perché questo processo non deve essere facilitato e favorito per almeno alcune delle lingue regionali della nuova Europa come il catalano, il basco, il veneto?
La seconda: “Avrebbe semmai più senso far meglio conoscere, in una regione, i dialetti di altre regioni”. Mi sembra poco logico. Anzitutto, non capisco perché dovremmo trasformare i nostri concittadini europei in poliglotti. Inoltre, cosa scegliere? Lingue come il veneto, il siciliano, il napoletano, tutte con una antica tradizione culturale? In specie il veneto, lingua internazionale nel Mediterraneo per secoli, che ha le sue radici in figure come quelle di Ruzante e Goldoni? Oppure il molisano, vero e proprio dialetto?
In conclusione vorrei invitare Canfora, sempre un acuto osservatore, a distinguere fra dialetti e lingue regionali, fra l’Europa del futuro e la baraccopoli, spero in liquidazione, degli stati nazionali.

Fonte: il Gazzettino del 31/5/2009

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